Mese: gennaio 2016

Un murale al giorno (toglie la malinconia di torno) /244

Oggi andiamo al centro di Roma, Rione Esquilino; lì, in via Giovanni Giolitti, proprio di fronte all’ingresso delle Ferrovie Laziali, sotto un passaggio pedonale coperto, Mauro Sgarbi e Beetroot hanno realizzato tre murales, due il primo, uno il secondo. Si tratta di tre ritratti, il primo del grande poeta Trilussa, fine letterato romano, famoso in tutto il mondo per le sue composizioni in romanesco; c’è poi Dante il sommo poeta. In mezzo a loro una giovane migrante, forse un auspicio che la cultura italica, ormai decadente e agonizzante, venga iniettata di linfa vitale proprio da queste generazioni di migranti che tanto potrebbero dare alla nostra civiltà. Basta essere sufficientemente intelligenti per capire quale risorsa esse siano permettendo loro di esprimersi.

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Trilussa di Beetroot

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giovane migrante di Mauro Sgarbi

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il Sommo Poeta di Mauro Sgarbi

Ed ora alcune immagini d’ambiente.

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Un murale al giorno (toglie la malinconia di torno) /243

Siccome abbiamo nostalgia di opere di un artista (di cui non vogliamo fare il nome) che, purtroppo, si è allontanato da Roma, andiamo a scavare nel nostro immenso archivio. Esattamente un anno fa, nel corso di una nostra scorribanda ciclistica siamo arrivati oltre i quartieri a nord della città, in una di quelle che si chiamano zone, dalle parti della Serpentara, precisamente in via Gaetano Martino.  Lì, all’interno di un parcheggio, su di un muro laterale, una serie di opere del nostro street artist innominato.  Per chi arriva tardi, diamo un piccolo aiutino e diciamo che, sempre un anno fa, insieme al collettivo Guerrilla Spam, è entrato con le sue opere in “Galleria”, la Laszlo Biro di via Braccio da Montone, e regolarmente, la sera, le opere esposte venivano date alle fiamme! La realizzazione di questo lungo murale risale a qualche anno fa.

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il murale visto nel suo complesso

Ed ora i dettagli partendo dalla scena di sinistra, i ponti di via Prenestina, per arrivare a Yoda, mitico personaggio della saga di guerre Stellari:

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Un murale al giorno (toglie la malinconia di torno) /242

Come avviene ormai periodicamente, questi giorni il Collettivo Robocoop è calato su Roma per esporre le proprie opere. La prima ha trovato alloggiamento su di un cartello per le affissioni pubbliche del comune di Roma sormontato dall’acronimo SPQR, siamo in via dei Cartari, al Rione Parione, il VI del Comune di Roma, attraversato dall’asse viario che congiunge Largo Argentina con la zona vaticana di via della Conciliazione e che risponde al nome di Corso Vittorio Emanuele II (per i romani si chiama però solo “Corso Vittorio”); l’opera, peraltro già esposta a Roma, in via della Barchetta, all’incirca un anno fa, rappresenta, immergendola per mezzo della cupola retrostante in una atmosfera moderna, una delle otto tavolette di S.Bernardino, dipinta da Pierantonio di Niccolò vissuto nel quindicesimo secolo, quella dove risana Giovanni Antonio da Parma, ferito da una pala. La cupola che abbiamo citato è estrapolata dal Bonnefantenmuseum di Maastricht, realizzato dal grande architetto italiano Aldo Rossi e sostituisce egregiamente quella originale del dipinto.

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l’opera

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un po’ d’ambiente

La seconda opera, di dimensioni più grandi, è stata esposto poco lontano, in una cornice naturale fornita da una finta serranda di negozio. Lo spostamento anche se di solo un centinaio di metri, ci porta, sempre sullo stesso asse viario, ma in un altro Rione romano, “Ponte”, quello che si affaccia alla riva sinistra del Tevere proprio dove, dall’altra parte c’è il rione Borgo, quello che incornicia la Basilica di S.Pietro. Siamo per la precisione in via dei Cimatori. In questa opera i Robocoop estrapolano le figure un’opera del Perugino e le inseriscono in un ambiente particolare, anch’esso espressione magistrale della poetica architettonica di Aldo Rossi: il cimitero di San Cataldo a Modena.

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l’opera

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incorniciata

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nell’ambiente

Una notizia di servizio: se volete rinfrescare la vostra memoria rivedendo le opere esposte dal Collettivo Robocoop a Roma nel 2015, andate a rivedervi i “Murale al giorno numero 129, 130, 203 rispettivamente del 6 febbraio, 7 febbraio e 14 giugno. Buon godimento!

Edificio Fleming /14

Continuiamo questa sera la nostra carrellata di immagini relative alle opere di lettering esposte nella immensa fabbrica abbandonata che si trova sulla via Tiburtina, dove, come ricorderete, si producevano prodotti farmaceutici, in primis la Penicillina, ma non solo; vi abbiamo trovato anche molti scatoloni contenenti migliaia di confezioni di cartone, ancora da montare,  e destinate a contenere fiale di “dopamina” che ancora attendono invano di essere prodotte. Ecco quindi parte delle opere che custodiamo nei nostri cassetti:

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ai confini della realtà

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tra montagne di scatole con fiale da riempire con prezioso medicinale

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Un murale al giorno (toglie la malinconia di torno) /241

Torniamo di nuovo in fabbrica; ci siamo stati domenica appena trascorsa in compagnia di un giovanissimo Other, di origini friulane, lui è di Trieste. ma, almeno per ora, romano di adozione; risiede da qualche tempo nella Città Eterna, dove si è trasferito per completare il suo percorso formativo artistico presso l’Accademia di Belle Arti. E sta facendo un lavoro durissimo, ma i risultati non tardano a venire. Ecco l’opera che ha realizzato in uno stupendo scenario naturale fornito da muri decrepiti, ma possenti, di una vecchia fabbrica abbandonata. Ricordiamo , per inciso, che di questo artista abbiamo parlato in occasione di due visite all’Edificio Fleming, altra fabbrica abbandonata di Roma, articoli del 14 novembre 2015 e del 23 gennaio scorso.

Condensiamo in questa rapida sequenza di immagini il lavoro svolto da Other per realizzare la sua opera:

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Gli ultimi ritocchi:

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il murale completato

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un improvviso raggio di sole esalta i lineamenti il volto di sinistra

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la perfetta simmetria assiale dei due volti

Ed ora godiamoci l’opera di Other facendo ruotare a sinistra e a destra la nostra testa per godere della perfetta simbiosi con l’ambiente:

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Un murale al giorno (toglie la malinconia di torno) /240

Oggi giornata particolare per il mondo della Street Art. Noi approfittiamo per mostrare ai frequentatori del progetto FotografiaErrante tre opere che ci stanno molto a cuore.

La prima opera, esposta in un luogo a dir poco fantastico, una fabbrica abbandonata, dove sembra che una volta vi si producessero dei tessuti raffinati, è di Gojo, risale a diversi anni fa, ma nonostante il lungo tempo trascorso alle intemperie, anche se un po’ sbiadita, mantiene inalterato tutto il suo fascino.

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l’opera di Gojo

Il secondo pezzo di questa sera è stato prodotto dalla mano di Hogre, artista che rifugge la notorietà, identità misteriosa, sempre in grado, con la sua pungente ironia, di cogliere nel segno. Siamo a Riva Ostiense, là dove la strada della civiltà tentenna e si perde nel nulla; cercarla all’infuori della stagione invernale è praticamente impossibile: la natura rigogliosa con lo spuntare delle prime foglie  ne oscura la visione.

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l’opera di Hogre

La terza opera (si tratta di un poster), apparsa sì nei regolari spazi espositivi del Comune di Roma, ma ovviamente in modo spontaneo intorno all’inizio dello scorso 2015 è di JBRock. Il sito espositivo era in Vicolo della Campana al Rione Campo Marzio.

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l’opera di JBRock

Edificio Fleming /13

Eccoci quindi, come preannunciato, a mostrarvi qualche Lettering presente alla Fleming. Camminando fra calcinacci e rifiuti di ogni genere, percorrendo scale insicure, introducendoci in bui cunicoli che sembra non portino in nessun posto, ogni tanto ci appare un pregevole esercizio calligrafico che con i suoi colori, sempre tra loro armoniosi, danno un un tocco di classe all’ambiente.

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Lettering a dominante verde

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inserito nell’ambiente

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lettering a dominante blu

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inserito nell’ambiente

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verde e azzurro su fondo rosso

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nell’ambiente

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una parete esterna esposta al sole 

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vista da lontano, molto lontano

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opere quasi irraggiungibili

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in stupendo scorcio ambientale

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atmosfera spagnola

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ultima opera apparsa nel sito ed anche la più estesa

Edificio Fleming /12

Alcuni giorni fa, abbiamo accompagnato uno street artist nell’edificio abbandonato a noi molto caro e per la presenza ormai di moltissime opere di street art (vedansi gli undici articoli che portano questo titolo); siamo alla Fleming (a noi piace chiamarla così) quella fabbrica di prodotti farmaceutici lungo la via Tiburtina, inaugurata nel 1950 per l’appunto da Alexarder Fleming, il padre della Penicillina, vissuta intensamente per produrre quel potente salvavita che veniva distribuito in tutta europa, anche quella dell’Est, oltre la Cortina di Ferro, e morta poi nel giro di pochi anni con l’avvento degli antibiotici di ultima generazione.

L’opera realizzata dal nostro artista, Other, è esposta un un piccolo ambiente dove probabilmente veniva stoccato qualche componente chimico  che andava conservato sotto pressione, tesi avvalorata dal fatto che abbiamo rinvenuto, a terra fra i calcinacci, un manometro “Spriano” per liquidi non corrosivi. All’interno del locale è presente inoltre un lavandino con ancora accanto un distributore si sapone a riprova che quell’ambiente richiedesse il massimo della pulizia.

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Work in Progress

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l’opera

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nell’ambiente

Mentre il nostro artista realizzava il suo murale, con famelica curiosità, ci siamo spinti ad esplorare quell’immensa fabbrica, fatta di una miriade di edifici, separati da piccoli spazi di terreno ormai completamente invaso da sterpi, rovi, alberi di acacia. E poi c’è dappertutto una quantità infinita di rifiuti, specie in plastica e carta, misti a calcinacci di ogni tipo,

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come se qualcuno si fosse divertito a disseminarvi milioni di “Gratta e Vinci” e poi si fosse accanito nel demolire tutti i tramezzi esistenti e ne avesse gettato i resti dalle finestre con tutti i panni che c’erano in giro.

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Passando quindi attraverso questo paesaggio lunare, stando attenti a dove mettevamo i piedi, abbiamo fatto incontri multicolori; una miriade di opere di lettering, anche datate, ci apparivano all’improvviso, come superavamo un angolo o ci apprestavamo ad entrare in un edificio. Ecco un assaggio in piccole dosi; faremo poi, più in là, una vera e propria scorpacciata.

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Un murale al giorno (toglie la malinconia di torno) /239

Reduci dalla nostra visita al “Forte Prenestino” storico Centro di Aggregazione Sociale romano, dove ieri sera abbiamo presentato il nostro libro sulla Street Romana, abbiamo portato una perla d’epoca che questa sera presentiamo ai frequentatori del progetto culturale FotografiaErrante. 

Ricordiamo a tutti che il Forte Prenestino, oltre ad essere un vero e proprio polo culturale di Centocelle (il XIX quartiere di Roma, che per densità abitativa non sfigura se paragonata a le città cinesi o indiane e che di contro per presenza di servizi sociali sembra invece il deserto del Sahara) è dal punto di vista dell’arte contemporanea uno scrigno che custodisce opere dei più interessanti street artist italiani e non solo. Tiriamo fuori quindi, dal cappello magico di questo Centro Sociale, una opera di Borondo, probabilmente sconosciuta a molti o dimenticata come era successo a noi:

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il murale di Borondo

A farci tornare la memoria sulla vastità di opere presenti sui muri del Forte Prenestino, è stato uno street artist transitato più volte sulle pagine di FotografiaErrante, abbiamo presentato le sue opere esposte a Metropoliz, sui muri del Pigneto e in quegli spazi fortemente degradati che sono le fabbriche abbandonate, dove regna il silenzio e la natura cerca di prendere rapidamente il sopravvento. Con Carlos Atoche, alla luce di fioche lampadine, infatti,  abbiamo fatto un tour notturno tra le opere esposte scoprendo, dietro porte nascoste, anche alcune immagini inedite che non mancheremo di testimoniare. Ecco ora una delle opere di Carlos Atoche custodite al Forte:

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