Hitnes

La Rampa Prenestina /5

Quinta tappa del lungo viaggio attraverso la spirale della Rampa Prenestina; ammiriamo insieme i pezzi realizzati ormai da qualche anno (almeno sette o qualcosa in più). Questa sera arriveremo al piano terrra. Domani entreremo nei sotterranei, molto rapidamente vedremo un paio di opere realizzate di recente. Poi risalireme velocemente all’ultimo piano e faremo conoscenza dei pezzi realizzati sulla parete interna della spirale.

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Sulle rive del Tevere

Ci siamo concessi una lunga passeggiata sulle rive del Tevere; siamo partiti da Lungotevere Gassman, abbiamo percorso la riva destra fino oltre Castel S.Angelo; abbiamo approfittato di ponte Cavour per passare sulla riva sinistra e siamo scesi fino all’Isola Tiberina da dove abbiamo riguadagnato la riva destra per arrivare al ponte della Scienza intitolato a Rita Levi Montalcini; qui tornati sulla riva sinistra abbiamo cominciato una dettagliata escursione su Riva Ostiense, quel tratto di lungotevere frequentato solo in estate e per un minimo tratto, per le manifestazione legate alla “Estate Romana”. Ora, specie da quando è stata sgomberata la comunità di senzatetto che viveva in condizioni di igiene precaria ed in orribili baracche proprio sulla riva del fiume, si incontra pochissima gente, qualche ciclista, qualcuno che porta a spasso il cane e, ogni tanto, gruppi di ragazzi che sperimentano tecniche di ripresa (fotografie e video) utilizzando come ambiente i numerosi murales presenti, i cui colori formano violenti contrasti con le rugginose rovine industriali di quello che una volta fu il “Gazometro” di Roma.

Lo scopo della nostra escursione aveva ben tre obiettivi; primo ovviamente quello di testimoniare puntualmente la presenza di opere di street art, costituite, per la quasi totalità da lettering, opere che avevamo incontrato ogni volta che ci siamo trovati a percorrere rapidamente la pista ciclabile per spostarci da un punto all’altro della città, ma cui non avevamo mai prestato mai la dovuta attenzione. Il secondo obiettivo era quello di dare uno sguardo fotografico dal basso alla nostra città e confermare che sul Tevere si affacciano tremila anni di storia e di bellezza. Terzo, riuscire a cogliere momenti di solitudine urbana in una città così caotica che non ha nulla da invidiare a Calcutta; e quella solitudine che rinfranca lo spirito la si gusta appieno proprio passeggiando nel cuore pulsante di Roma, nel “sentire gli strilli dei gabbiani, fissare i lenti ed ampi gesti dei vogatori che spingono controcorrente le loro lunghe canoe, incrociare qualche ciclista che gareggia con il proprio cane, notare di sfuggita una coppia di amanti che si scambia teneri baci”.

Tutto questo è il Tevere! Peccato che i Romani, per la quasi totalità, non lo conoscano.

 

Parte prima: l’ambiente

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in primo piano ponte Mazzini; dietro, ponte Amedeo di Savoia

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ponte Mazzini e la scalinata per lungotevere dei Sangallo

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da sotto ponte Amedeo di Savoia: ponte Vittorio Emanuele II, ponte Elio e il Mausoleo di Adriano

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chiglia di barcone naufragato sotto ponte Vittorio Emanuele e scalinata di accesso a lungotevere Tor di Nona

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vogatori sotto ponte Elio

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ponte Cavour con rampa di accesso a lungotevere Prati

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cabina per rilevamento idrografico. opera di K2m

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il mausoleo di Adriano su ponte Elio

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ponte Vittorio Emanuele II e rampa di accesso al lungotevere Vaticano

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la ex baraccopoli di Riva Ostiense

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significativa opera di Hitnes

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un poster sotto ponte Elio

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Pignon Ernest Pignon

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Parte seconda: presenze

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gatto su istallazione di Cactus

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particolare

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podisti più o meno stanchi

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ciclisti più o meno motorizzati

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l’opera pensile di Laura Galletti (murale al giorno numero 228 del 7 dicembre 2015)

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motociclisti e camminatori

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Parte terza: le opere sull’argine di Tevere

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JBrock

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Milk

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Parte quarta: le opere di Riva Ostiense

(le opere che completano l’esposizione di questo luogo sono state presentate negli articoli “Il lettering di Riva Ostense 1 e 2 , rispettivamente del 11 novembre e del 7 marzo 2015)

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Hitnes

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Hogre

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Tadh , RST, Corv

 

 

Era un posto meraviglioso…………..

Siamo stati accolti da due signori, uno che sembra sia il guardiano/custode, l’altro che vive lì per “circostanze”, versiamo un piccolo contributo per caffè e sigarette e possiamo accedere alla struttura decadente…………

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Siamo nel parco della Marcigliana e quello che vedete è uno degli edifici più misteriosi, più affascinanti ed allo stesso tempo più lugubri che sopravvivono ai margini di una città che non smette mai di sorprendere il viandante. Realizzato intorno agli anni ’30 sembra come collegio femminile anche se voci discordanti lo classificano anche come “befetrofio“, vocabolo della lingua romana che sta ad indicare un luogo dove una volta venivano tirati su i bambini nati da unioni “irregolari” e che non venivano riconosciuti dai genitori. In vista degli anni ’70 questo edificio venne trasformato in un istituto geriatrico, una specie di casa di riposo per anziani non autosufficienti, tale rimase per poco meno di dieci anni e poi venne abbandonato. Voci che non trovano alcun fondamento nella storia recente della città di Roma attribuiscono a questo luogo l’attributo di ex manicomio, cosa non vera.

 Vero invece che il sito è stato utilizzato spesso per riprese cinematografiche, da “la banda del Gobbo” di Umberto Lenzi del 1977 ad un episodio diretto da Ettore Scola de “I nuovi Mostri”, anch’esso di quell’anno, per arrivare al “Sacro GRA” di Gianfranco Rosi. Anche oggi si respirava aria di cinema: mentre ci avventuravamo nei meandri di quel che resta della struttura siamo incappati in un gruppo di cineasti in erba che stava facendo un sopralluogo per girarvi un film “horror”.

 Noi siamo giunti in questo luogo richiamati e dal fascino che emana una struttura di archeologia urbana, dalla presenza di numerosi murales all’interno di essa e dalla fama di cui gode l’edificio che si dice sia scenario di sette e riti satanici, avvalorata quest’ultima voce dalla presenza su “Youtube” di un filmato che vede all’opera dei nostrani “Ghostbusters” che ricercano, muniti di rivelatori di temperatura, presunte strane presenze.

Per quanto riguarda i murales presenti nella struttura, tutti portano i segni del tempo, a dimostrazione che sono diversi anni che gli street artist hanno perso interesse per questo luogo; tutte le opere, parimenti divise fra dipinti e poster, risalgono all’incirca a dieci anni fa; tutte le opere, tranne una. non sono firmate ma noi pensiamo di aver riconosciuto almeno due “mani”. Una curiosità infine, troverete ricorrente, nei dipinti, una dualità sconcertante.

Premesso che nel corso della nostra visita non abbiamo accertato alcuna presenza paranormale a meno che vogliamo definire tali il presunto custode ed il suo amico che ci ha consigliato preventivamente di mettere mano alla borsa per avere libero accesso alla struttura, passiamo ora ad un breve resoconto della nostra visita.

La sala d’attesa

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L’accettazione

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La sala del mostro a due teste

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Un lettering

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Dentro le altre stanze

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Calze a righe…. un’ossessione

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Su per le scale

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Sul tetto

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Un po’ di ambiente

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Lasciando il sito

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Il lettering di via Luigi Chiarini /3

Terza ed ultima tappa della visita la lettering di via Chiarini, almeno per ora; però ci riserviamo di fare una nuova spedizione  fra qualche tempo perché i muri liberi cambiano aspetto con rapidità: sicuramente fra un mese parte delle opere appena presentate saranno state sostituite da altre, magari sempre per mano degli stessi street artist.

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Alcuni particolari figurativi delle opere viste:

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footing in mezzo all’arte:

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Il lettering di via Luigi Chiarini /1

L’estate scorsa abbiamo fatto un salto in via Marylin Monroe, ricordate l’evento Colla ideato dall’artista Andy Green con l’intento di dedicare particolare attenzione a due particolari rami della Street Art: Stiker Art e Poster Art (vedi articolo del 5 luglio 2014). Lì vicino in una strada parallela dedicata a Luigi Chiarini; persona di primo piano del cinema italiano del ventennio fascista, Chiarini è stato tra i fondatori del Centro Sperimentale di Cinematografia, ma è tristemente ricordato più che altro per essere stato uno dei firmatari del Manifesto della razza ed aver appoggiato la emanazione delle famigerate leggi razziali del ’38. Strano che, in un paese che si reputa democratico, si sia permesso che qualche losco funzionario nostalgico abbia intitolato una strada a questa persona. Ah, dimenticavo, noi non abbiamo mai avuto una Norimberga.

Chiusa la parentesi, torniamo in questa strada, lì ci sono due lunghi muri liberi, di quelli che l’amministrazione comunale romana ha messo a disposizione di chiunque voglia cimentarsi nel presentare al viandante le proprie opere pittoriche. Premesso che, nei giorni a seguire, avremo modo di presentarvi in modo esaustivo tutte le opere presenti in via Chiarini,questa sera del 20 gennaio ci soffermiamo su un’opera collettiva realizzata da un gruppo di amici Writers dei quali riamo riusciti a procurarci anche i nominativi, scusandoci fin da ora per gli street artist non citati.

Ecco i nomi degli artisti che possono essere seguiti da una sigla maiuscola che, in tal caso, sta a indicare la Crew di appartenenza:

Anko FKZ, Toad FSZ, Teddy Killer, Dens, Hitnes, Tools, Gojo, Ike AEROEScrew, Pepsy TLM FS, Hoek AEROES, Cimpa TLM FS, Tosh TLM FS,  Tosh TLM FS, Orma o Zampetta (non ha propriamente una tag, come firma disegna un orma di un cane), Trota TLM THE.

Ed ecco la “murata” tra amici per festeggiare il breve ritorno di un amico, Tosh street artist anche lui, trasferitosi, per motivi di lavoro, in Giappone!

*Per esigenze tecniche l’opera è stata divisa in cinque sezioni

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Ecco ora alcuni particolari figurativi inseriti nell’opera:

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E per finire il muro libero di via Chiarini:

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Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia /4

Nicola Alessandrini (in arte Nic) è da anni attivo nell’underground artistico nazionale. Ha realizzato, alcuni mesi fa, un murale (ahimè oggi purtroppo cancellato con una mano di vernice) a quattro mani insieme a Gio Pistone sulle pareti della -1 Art Gallery alla Casa dell’Architettura di Roma. Nell’opera era rappresentato il luogo posto ai confini del mondo un tempo conosciuto, dove i cartografi dell’antichità relegavano l’immaginario collettivo (“Hic sunt leones”). Nelle sue opere, come rivela anche questa presente al Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz, son rappresentate fiere, se così possiamo definirle, dalle sembianze mezze umane e mezze animalesche, che sembrano essere state concepite per allontanare tutto ciò di cui aver paura.

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Il nome Cancelletto deriva dal simbolo #.  Al momento della scelta l’artista voleva che fosse un simbolo od un’immagine ad identificarlo, non un nome verbale. Le sue opere, di cui qui vediamo quella presente al MAAM, sono visibili principalmente a Roma, nei quartieri della zona Est, principalmente al Pigneto e a S.Lorenzo. Lo scorso anno ha avuto a sua disposizione le pareti della galleria “Laszlo Biro” di via Braccio da Montone al Pigneto e vi ha realizzato un imponente acquario, dove su fondo nero nuotavano allegramente meravigliosi pesci variopinti con sgargianti colori.

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Qiu sotto un particolare dell’opera realizzata da Hitnes al MAAM. L’artista è reduce da alcune personali esposizioni in gallerie di tutto il mondo, da Adelaide a Chio, a Pisa, a Viterbo. Predilige l’attività scenografica nel cinema.

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Nella stanza dei giochi (ludoteca di Metropoliz), sulla parete opposta al grande muro di Alice Pasquini, in quella specie di teca di vetro che la dovrebbe contenere (ma purtroppo n on ci riesce, tant’è che il blob verde ne fuoriesce e scivola per terra fino a raggiungere la scala che scende alla sala delle assemblee) c’è la stanza di Veronica:

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“All’interno di questa grande macchia, che sgocciola sulle scale, una infinità di tondi colorati, zebrati, cangianti, maculati, picchettati, come il mantello di Arlecchino descritto da Michel Serres, mondi che rimandano ad altri mondi, più piccoli o solo più lontani, la cui visione non sappiamo se ci sia resa possibile per il tramite di un microscopio a di un telescopio” (Giorgio de Finis). Qui vediamo un grazioso particolare dell’opera:

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Veronica Montanino, attiva da oltre un decennio, predilige le pitture acriliche su ogni supporto: tela, pvc, plexiglas. I suoi principali interventi sono stati attuati al Palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno e su mobili e pareti del Collicola Caffè all’interno del Museo di Arti Visive Carandente di Spoleto.

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Tiziana Cera Rosco è una poetessa e al contempo una artista visiva di grande valore nazionale ed internazionale. E’ nata a Milano nel 1973 ed è cresciuta in Abruzzo, nel parco nazionale. Sua grande passione è la fotografia, ma non  il semplice scatto. Le sue foto,dopo la stampa a carbone, sono sapientemente lavorate con oli, resine, bitume, solventi così da creare uno strato, un velo appunto, ma un velo pieno di crepe che insidiano l’immagine ferendola e non consegnandola completamente (ogni riproduzione di opera è fatta a mano e quindi non c’è mai un’opera uguale ad un’altra anche se provengono dalla stessa immagine). Questa opera è stata esposta al Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz in occasione dell’evento inaugurativo del museo stesso avvenuta il 5 ottobre del 2013.

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